Tea Falco

Tea Falco e’ nata a Catania nel 1986; ha iniziato ad esporre le sue opere fotografiche in Sicilia nel 2000. Dal 2009 partecipa a diverse mostre individuali e collettive a Roma, in Campania, a Bologna e poi anche in Grecia e a Los Angeles, nella galleria Building Bridges Art Exchange, nelle mostre curate da Anna Dusi.
Ha vinto diversi premi del settore fotografico come il premio Art in Quart nell’ottobre 2010 e il Premio Basilio Cascella nel maggio 2011. Esegue prevalentemente lavori autobiografici in autoscatto e video.

Come attrice viene scelta da Bernardo Bertolucci come protagonista del suo film Io e te, tratto dal romanzo di Niccolò Ammaniti. Per questa sua interpretazione è candidata al David di Donatello per la migliore attrice protagonista nel 2013. Nel 2013 compare nel videoclip del brano Testamento di Franco Battiato. Le sue ultime fatiche cinematografiche sono la serie televisiva 1992 prodotta da Sky Atlantic di Giuseppe Gagliardi con Stefano Accorsi e La Solita Commedia,  film di Francesco Mandelli e Fabrizio Bigio.

SUL PROCESSO

Il processo creativo dietro L’Effetto della Causa è basato su un profondo dialogo tra forma e contenuto.

Il concetto chiave all’origine del progetto è quello dello smembramento in minimi termini del corpo e della sua ricomposizione in qualcosa di nuovo, una forma di reincarnazione spirituale e fisica che mette in relazione e fonde universi sensoriali differenti. Non è però solo il corpo di Tea Falco a subire questa mutazione genetica che vede ibridarsi uomo e natura, pensiero e materia, ma è lo stesso corpo dell’immagine fotografica a diventare qualcosa di nuovo attraverso un molteplicecambiamento di medium.

Come quasi tutti i lavori di elaborazione dell’immagine moderni, in fase di post-produzione il passaggio attraverso l’uso di programmi di editing pare obbligato e l’autrice non ne fa a meno: la creazione di queste composizioni surreali avviene inizialmente in digitale, dove pezzi di corpo (mani, piedi, occhi, teste…) vengono incollati su foto di piante, alberi, prati e modificati (attraverso l’applicazione di trasparenze, modificazioni della dimensione, adattamento dei toni di bianco e nero…)in modo da creare un senso di omogeneità e compattezza. Ma questo è solo il primo step.

Se l’elaborazione su Photoshop è necessaria per dare omogeneità formale all’immagine, l’autrice decide di sottoporla a un’ulteriore elaborazione, compiendo quello che lei stessa chiama “il passaggio inutile”. Il passaggio inutile è quello di stampare sia le composizioni complete sia le foto che fanno da sfondo e, dalla foto completa, ritagliare i pezzi “incollati” con Photoshop e incollarli di nuovo sul loro sfondo, ma questa volta non digitalmente bensì analogicamente, usando forbici e colla vinilica. Questo passaggio, solo apparentemente inutile, approfitta delle modifiche digitali per mantenere omogenea la fotografia e al tempo stesso ri-incarna l’immagine, che nel processo digitale aveva perduto il suo corpo materiale. Il risultato è un corpo nuovo, straniante, che mostrando le cicatrici inevitabili del collage con forbici e colla interferisce con la perfezione incorporea e piatta della modifica digitale restituendole uno spessore.

L’ultima fase di questa costruzione di un’immagine nuova, ibrida, reincarnata, è il passaggio definitivo all’analogico: i collage, che erano composti da pezzi di fotografie scattate in digitale, vengono ri-fotografati con una macchina fotografica analogica e stampati in camera oscura  su pellicola in formato quadrato. Qui il processo si conclude e il risultato formale è perfettamente conforme al contenuto dell’immagine: come il corpo dell’artista muore e rinasce in forme nuove – un albero, una foglia, un cavolo – così  muore e rinasce la foto, trasformandosi in un oggetto con lo stesso spirito dell’immagine originale, ma trasmigratoin una forma nuova.

Leonardo Malaguti

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